Descrizione
Un «caso letterario» del primo Novecento italiano, anzi un vero be proprio «mistero letterario», viene con questo volume presentato e risolto; ma soprattutto viene proposto un romanzo singolare, sia come prodotto di quella stagione del gusto (e dell’immaginazione erotica) che ora usiamo chiamare liberty, sia come espressione d’una rivolta femminista ante litteram, contraddittoria fin che si vuole ma non per questo meno ardita. Pubblicato a spese dell’autrice nel 1913, Ricordi di una Telegrafista ebbe già un riscopritore (o meglio scopritore) d’eccezione in quell’inesauribile esploratore di frontiere della letteratura e della storia del gusto che è Mario Praz. Ma una trentina d’anni fa, quando Praz scrisse di questo romanzo, la sua indicazione cadde nel vuoto. Del resto il libro era talmente irreperibile da far dubitare che esistesse davvero. Oggi Giulio Ungarelli, oltre a presentarci il testo e a proporcene una lettura attuale, si è prefisso di scoprire l’identità dell’autrice, finora nascosta dallo pseudonimo asotizzante. La sua impresa di detective letterario è stata fortunata: la ricostruzione del personaggio di questa scrittrice provdale e della sua autotrasformazione in personaggio mitico potrebbe essere un romanzo in sé. Chi si nascondeva sotto lo pseudonimo di Nyta Jasmar? Seguendo la traccia del nome d’un paese, Budrio nella Bassa bolognese,
Ungarelli ha sciolto l’enigma. I Ricordi di una Telegrafista raccontano «la doppia vita di una donna, di giorno ” ausiliaria telegrafica”, vestita del rozzo camice di lavoratrice tecnica; di notte, sofisticata figlia del secolo, avvolta in morbide, fini vestaglie o in un prestigioso peignoir, tutta raccolta in fantasie erotico-estetizzanti nel suo pied-à-terre, quando addirittura non splende in toilettes preziose e ardite durante le saltuarie frequentazioni del bel mondo». Uno sdoppiamento analogo Giulio Ungarelli ha ritrovato nella
vita dell’autrice: tra l’esistenza dell’oscura impiegata Clotilde Scanabissi Samaritani, nata e morta a Budrio (1873-1931) e l’opera (in parte scritta, in parte forse solo immaginata) della romanziera Nyta Jasmar.
Italo Calvino
Pagine: 238