Descrizione
In Donne fatali, una delle opere più importanti della critica cinematografica femminista, Mary Ann Doane esamina le questioni relative alla differenza sessuale e alla conoscenza nel discorso cinematografico, teoretico e psicoanalitico. L’opera si occupa di Freud, del corpo femminile, della teoria della spettatrice, del significato del primo piano e della natura del divismo. L’analisi della Doane di personaggi come quelli della Lulu di Pabst e di Gilda nell’interpretazione di Rita Hayworth traccia i temi e i meccanismi del velo, della maschera e della mascherata, con un’attenzione particolare alla forma e alla tecnologia del cinema. Utilizzando – e criticando – i quadri di riferimento del post-strutturalismo e della teoria psicoanalitica, l’autrice pone dei quesiti al cinema e a quelle teorie che, rivendicando una loro verità sulla donna, si fondano su un’impressionante quantità di giudizi sulla stabilità o instabilità della visione. Donne fatali riflette lo slittamento delle priorità concettuali all’interno della teoria cinematografica femminista dell’ultimo decennio e si impegna in un dibattito sulla spettatrice, sull’essenzialismo e l’anti-essenzialismo, sulle tensioni tra la psicoanalisi e la storia e sui rapporti tra differenza razziale e differenza sessuale. Le sfumature di cui è ricco il testo della Doane e la sua originale lettura della donna fatale nel cinema dimostrano che un confronto tra il femminismo, la teoria del cinema e la psicoanalisi non può che essere proficuamente destabilizzante per ciascuna di queste discipline.