Descrizione
Che cosa accomuna Giovanni Agnelli, il fortunato erede di un immenso patrimonio, smanioso di «meritare» l’investitura del nonno, con Carlo De Benedetti, un nuovo arrivato perennemente diviso fra la sua anima di ingegnere e quella dello speculatore ansioso di rapidi e colossali guadagni? O con un manager come Cesare Romiti, passato in dieci anni dalla difesa della trasparenza nei bilanci alla cosmesi per nascondere la reale situazione della Fiat? Oppure con un uomo d’affari come Raul Gardini che quando parla sembra Ross Perot, ma solo quando parla perché Gardini i soldi non li ha fatti, bensì sposati. Sembrerebbe impossibile mettere insieme Leopoldo Pirelli, un uomo schivo, un imprenditore di terza generazione fin troppo attento a rispettare i ruoli dentro e fuori l’azienda, con Carlo Sama che si esibisce quasi ogni giorno sui giornali per diffondere una cultura imprenditorial-famigliare che considera l’azienda alla stregua di un «orto dietro casa ». Eppure un filo conduttore che spiega e collega le loro vicissitudini c’è e consiste nella natura del loro potere. Che non è mai quello normale del capo di un’azienda, di un proprietario di impresa, anche grande, che deve fare i conti con la Borsa e le banche, con i concorrenti, con l’opinione pubblica di cui si fa portavoce una stampa libera, con il potere politico, con i sindacati, con i fornitori. A differenza dei loro colleghi imprenditori, i capitani di sventura hanno legami preferenziali con il mondo politico e con la pubblica amministrazione per cui sono i primi a ricevere aiuto e protezione quando le cose vanno male come in questo periodo. In Borsa hanno una posizione dominante. Con le banche possono trattare da una posizione di forza perché spesso le controllano. Nei confronti dell’opinione pubblica dispongono dei giornali che hanno acquistato non solo perché non possano svolgere nei loro confronti alcuna seria funzione critica, ma anche per procurare favori e consensi agli altri centri di potere concorrenti, e in primo luogo a quelli politici. Un potere, quello dei capitani di sventura, che non intende sottomettersi alle regole valide per gli altri, che considera qualunque critica un’offesa, un reato di lesa maestà, abituato ad essere sempre ossequiato e pronto a reagire contro chiunque lo voglia mettere in discussione. Un potere necessariamente invadente, che tende a condizionare tutti e tutto. Un potere incompatibile con il funzionamento di una moderna democrazia.