Descrizione
L’indagine statistica non ha che fare con l’originale “inchiesta” che ha dato vita a questo volume, anche se non sia privo d’interesse “scoprire” (è la paroÏa) che la città possiede venticinque musei, trentacinque biblioteche oltre a quelle comunali (una ventina), sessanta gallerie d’arte, altrettanti editori (non compresi gli editori scolastici), un numero di circoli e di centri di lezioni e di conferenze (al di fuori delle scuole) piú alto, molto verosimilmente, di quello d’ogni altra città italiana; e via dicendo. Non sono le cifre, infatti, a costituire il grande motivo di interesse dei risultati di questa inchiesta, che è stata compiuta nel momento in cui l’immane disordine portato dalla guerra in tutte le strutture della città, non escluse quelle della vita culturale, parve in procinto di risolversi in un ordine che non si comprendeva chiaramente se fosse nuovo entro decrepite strutture, oppure decrepito dentro ad un contesto nuovo di organismi e di interessi alimentato dall’appassionata e stupefatta curiosità dei giovani, dalla rivolta dei meno giovani, dal fatale procedere della storia, infine, in un senso determinato – che era il senso della vita -, contro ogni resistenza degli istituti, delle convenzioni, degli interessi economici, e soprattutto dei privilegi. Contro gli interessi e i privilegi. L’interessante inchiesta è stata condotta nei seguenti settori della vita culturale milanese: la stampa (quotidiani, riviste, editori) e gli istituti (atenei, circoli e centri di studio; teatri lirici e drammatici, uffici-studi di aziende industriali, musei, gallerie, biblioteche). Al gruppo di inquirenti, scelti in gran parte fra giovani letterati, sociologhi e pubblicisti, è stata lasciata la massima libertà di orientamento e di metodo, e il lettore potrebbe rilevare, se gli piacesse compiere a modo suo un’indagine nell’interno del libro, che proprio i piú giovani e “impegnati” vi hanno esercitato uno spirito critico, al quale il volume deve le sue pagine piú mordenti e piú vive. Quanto al risultato finale dell’inchiesta, ebbene, si può dire che quell’ordine sopravvenuto al disordine, e corrispondente alla libertà succeduta alle coercizioni del “ventennio,” si è rivelato, piú che una realtà, un’aspirazione: una meta – per molti – a cui tendere con tutte le forze attraverso un lavoro incessante e tenace. Lavoro al quale questo libro intende portare, pur nei suoi limiti, il proprio contributo: se la meta ha per fondamento essenziale l’indipendenza del giudizio e la libertà di una cultura che faticosamente, un secolo dopo l’altro (come la storia insegna) opera perché si realizzi infine, in ogni campo e in ogni luogo, la piena libertà della persona umana e dello spirito umano, nella concordia degli intenti.