Descrizione
Può esserci letteratura libertina moderna?
Philippe Sollers, autore di Paradis, di Femmes e di Portrait du joueur, tipicissimo intellettuale francese (ha diretto per lungo tempo La quinzaine), poligrafo esperto, esemplare “ambasciatore” della cultura del suo paese, risponde di sì – e risponde con i fatti, con questo singolarissimo romanzo che rovescia molte convenzioni narrative, che è insieme proposta e provocazione, autobiografia e biografia di un’epoca, ritratto di una società e ritratto di personaggi fuori del comune, di situazioni insolite, scandalose secondo moralistici luoghi comuni. L’io narrante è lui, Ph. S., erudito e irresistibile dongiovanni, che però si professa cattolico praticante e fa sfilare una folla di personaggi a chiave, a cominciare da Robert Mex, trasparente ritratto di Michel Foucault, morto di AIDS, gran frequentatore di gabinetti parigini, che si suicida quando scopre di non avere più speranze. Ed ecco il “parapsicologo italiano” Angelo Corona, condannato per truffa (indovinate chi è?); c’è John Silberman, proprietario di Business, che è senz’altro Jimmy Goldsmith, editore e affarista; e ce ne sono tanti altri. E Ph. S. anticipa perfino i giudizi maligni che saranno dati su quest’opera, volutamente caotica, incoerente, dovuta alla penna intinta nel fiele di un presunto “agente del Vaticano”. Poiché Ph. S. sta scrivendo un romanzo, ma insieme anche la sceneggiatura per la TV della Divina Commedia, la cosa dà occasione a Sollers di immaginare un dialogo, tutto intellettualistiche battute, con un cardinale italiano; questa infatti è un’opera in cui il dialogo la fa da padrone. Ma c’è anche una “trama”, che poi si riduce a un patto con tre donne – un’attrice: Liv; una filosofa: Sigrid; una violinista: Cecilia – più Marco, clarinettista; con loro Ph. S. rinnova l’antico “contratto” del Divin Marchese, ma senza sadismi, anzi con tanta dolcezza, tenerezza, complicità e comprensione, e molto ritualismo, come quando gli adepti del “cuore assoluto” (il titolo di un antico poema persiano), rinnovando il gesto dello sposalizio del mare, gettano nella laguna di Venezia, città dove si svolge buona parte dell’azione (ma i luoghi deputati sono anche un’isola sull’Atlantico; Parigi e New York), cinque anelli nuziali. “Romanzo di conversazione” lo definisce lo stesso Sollers, il quale, nella finzione, ama in realtà la moglie Laura, lontana e con due figli, sostanzialmente a beneficio della quale tiene un carnet rouge in cui, in linguaggio cifrato, registra le sue molteplici avventure. Sollers, esperto uomo di penna, evita tutte le trappole: non scade mai nella pornografia, resta sempre sul confine del pruriginoso; è immerso fino al collo nell’attualità, ma si guarda bene dal cedere al cronachistico; sta alla larga dalla banalità, dall’ovvio e, soprattutto, dalla noia. Perché le avventure contenute in questo romanzo di iniziazione, tanto garbato da meritare senz’altro l’aggettivo di “settecentesco” (ma di un secolo XVIII tradotto in termini moderni), condite come sono di ironia, leggere e spumeggianti, si leggono d’un fiato. Sì, sembrerebbe proprio che Sollers abbia scoperto la pietra filosofale, il segreto cioè di divertire e appassionare, come si diceva un tempo, “l’inclito e il volgo”. Magari facendo arrabbiare un sacco di gente – e dunque dimostrando che questo romanzo è assai più “profondo” di quanto possa sembrare dal tono scanzonato dei suoi dialoghi, ricchi di introspezioni psicologiche.